Arte e cultura a Pian Camuno
Santa Maria Rotonda (sec. XV)
Restaurata nel 1965, (poco distante dalla chiesa di Santa Giulia), del 1400, a pianta irregolare, eretta, anche lei, su una precedente costruzione, conserva nel presbiterio affreschi del 1500 attribuiti al Pietro da Cemmo o alla sua scuola. Il bel portale in arenaria rossa sembra quello di una casa signorile.
Un breve corridoio porta ad una corta navata, che ha nel centro una bassa colonna con un bel capitello: essa sorregge un loggiato che ha strani ripari in legno intarsiati e dipinti. Particolarmente originale il tetto a capanna con travi a vista, tra le quali compare una soffittatura a mattoni di cotto bianco e nero, uno dei quali porta la data 1468. Ricchissimo e raffinato il trittico ligneo sull’altare, del sec. XVII, con la Madonna, S. Giulia e S. Andrea.
La Chiesa accoglia inoltre un olio su tela di Ignoto ma di ottima fattura, rappresentante una Madonna con il Bambino e i santi Giulia e Antonio Abate (sec. XVII) e notevoli affreschi (sec. XV e sec. XVI) che alcuni attribuiscono a Paolo da Caylina il Vecchio. Curioso l’affresco che rappresenta Simonino da Trento torturato dagli Ebrei.
Santa Giulia (sec. XV)
La Chiesa mostra lateralmente un’abside romanica tra le più antiche della provincia (sec. X).
Questo edificio fu parrocchiale fino al 1650 circa, venne sostituito da una nuova chiesa eretta nel centro del paese. Posta sulla sinistra della strada che porta dalla statale al centro, restano del più antico edificio, l’abside semicircolare e il tozzo campanile, fu proprietà del monastero bresciano di Santa Giulia. Presenti una pala del Volpi con Sant’Antonio abate e una quattrocentesca Madonna con Bambino su tavola, conservata, dopo un recente restauro, nella casa parrocchiale.
Chiesa di San Pietro
Nella frazione Solato c’è la chiesa di San Pietro che risulta già esistente e operante nel 1100. Forse la sua prima costruzione potrebbe risalire addirittura al 600 (ponendola così tra i primi edifici di culto cristiano della Valle Camonica). Questa chiesetta, recentemente restaurata, ha al suo interno degli affreschi del 1500: una Madonna con bambino e i santi Pietro e Paolo, un San Rocco e un San Sebastiano, e un ciclo sulla natività. Sono conservate anche delle tele del 1600 e del secolo successivo.
Oratorio dei Morti (sec. XVI-XVII inizi)
L’ edificio sorge a fianco di Santa Giulia sul lato verso est e fu per lunghi anni adibito a fienile. L’ Oratorio contiene notevoli affreschi ora mal ridotti ma meritevoli di restauro, tra i quali è degna di nota una piccola Danza Macabra.
La Danza Macabra
“Sono io la Morte che porta corona, io son di tutti voi Signora e Padrona”: inizia così un lungo scritto che accompagna la Danza Macabra di Pinzolo-Carisolo, ripresa tra l’altro in musica da moderni autori. Il tema della Danza Macabra ha le sue origini nel Basso Medioevo, in un clima sociale ed economico appena devastato dalle epidemie di Peste che portarono alla ribalta, prepotentemente, la Morte come unica verità comune tanto al ricco quanto al povero e che scatenarono nelle menti del volgo e dello studioso una sorta di reazione frenetica che si potrebbe riassumere nella filosofia del Carpe Diem, che se da una parte può essere dalla Chiesa capita e proposta, dall’altra va contro i vari principi morali, etici, e così via. Ecco allora che la Chiesa trova nel registro emotivo della paura e del terrore un’arma efficace per riportare le genti sulla retta via, ricordando loro sì la caducità della vita ma anche premi e punizioni per coloro che si attengono o meno ai dettami del clero.Iconograficamente parlando, la Danza Macabra nasce nell’Europa Centrale intorno al 1400 e da li si espande, sino all’Italia del Nord (anche se vi sono esempi geograficamente distanti da questo ideale confine). La rappresentazione vede la Morte come uno scheletro con falce, talvolta (nel giudizio e nel trionfo) con corona. La morte è sempre accanto ad un vivente, che poteva essere un laico od un religioso, una donna o un uomo, un vecchio o un bambino, proprio a sottolineare la sua unicità e verità. Le persone potevano essere accompagnate oppure violentemente “richiamate” da questo scheletro, anche attraverso l’uso di cartigli al cui interno vi era scritto un monito.La disposizione della rappresentazione poteva essere lineare su un solo lato (cappelle, cimiteri, etc) oppure disposta per contrapposizione (i dipinti erano disposti a registri contrapposti, sui lati della costruzione). Elemento comune, lo scheletro, le sue armi, i suoi moniti. La Danza di Pian Camuno, recentemente restaurata, è fuori da un contesto storico poiché risale alla seconda metà del 1600, ma risponde comunque ai criteri classici. Così come a noi è arrivata, essa presenta due affreschi tra loro contrapposti (fisicamente, ma anche come tematica: in uno vi è un eremita, nell’altro un ricco) sul perimetro interno della costruzione definita come “Oratorio dei Morti o dei Disciplini”, accanto ai quali troviamo scende di dannazione figure di santi. Gli affreschi sono di mano assai semplice, nei tratti e nel colore, e in quelli di Danza troviamo dei cartigli dove la morte, a seconda dell’interlocutore, accompagna la dipartita del protagonista con moniti piuttosto che con “consolazioni”. Interessante il cartiglio dell’eremità, dove la morte chiama a sé il religioso. “Vieni meco eremita, che gionto è il fin di tua vita”. La parola “gionto” è la chiave di lettura, un interessante indizio che ci dice come l’artista abbia inserito una citazione colta (il termine esatto è “sonto”, Sono Io) tratta da altre Danze, interpretando la scritta e tradendo le sue origini.
Chiesa di Sant’Antonio Abate (sec. XV, ampliata dal 1672 in poi)
Ha due altari in legno del 1600 e due in marmo del 1700. Da vedere una scultura lignea dell’Arcangelo Gabriele. Accoglie al suo interno notevoli olii su tela come: I santi Antonio Abate e Giulia (sec. XIX) di Giovanni Giuliano Volpi da Lovere (1833-1913); Vergine con Bambino e i santi Leonardo e Ambrogio (1740) di Antonio Zannucchi; Lo Sposalizio della Vergine (sec. XVIII inizi) di Giovanni Chizzoletto; ed infine una Madonna con il Bambino e i santi Carlo Borromeo e Antonio di Padova (sec. XVII) di Domenico Voltolini da Iseo. Segnaliamo poi alcune opere interessanti presenti sia alla Beata presso la chiesa del Patrocinio della Beata Vergine (1747) che a Solato nella chiesa della Natività di San Giovanni Battista (1777) nonché a Vissone presso la chiesa di San Bernardino da Siena (sec. XVII).